lunedì, ottobre 30, 2006

Conti con il passato

(Norvegia - foto by Somis)

Capita di incontrare una persona che non vedevi da parecchi anni.
Capita che questa persona ti ricordi dei momenti particolari della tua vita.
Capita che quei momenti non fossero proprio i più belli che tu possa ricordarti.
Capita che questa persona ti fosse amica ma poi abbia avuto un ruolo più o meno importante nel rovinare quei momenti.
Capita che le ultime volte che l'hai vista non correvano buoni rapporti fra voi due, anche se forse non capivi bene cosa fosse successo per arrivare a quel punto.
Capita, come dicevo, di incontrarla di nuovo, dopo molto tempo, in un contesto completamente diverso da quello del passato (destino? caso?).
Capita che all'epoca foste entrambi bambini, mentre ormai siete diventati "grandi".
Capita che tu riconosca questa persona anche se è molto cambiata (ma alcuni tratti rimangono peculiari, e la riconosci subito).
Capita che è impossibile che questa persona non ti abbia riconosciuto.
Capita che tu pensi: "Se mi saluta, la saluto anche io, altrimenti no".
Capita che anche l'altra persona probabilmente pensi la stessa cosa.
Capita che in questo modo entrambi facciate finta di niente e non diate segno di esservi mai incontrati prima.
Perchè ci si comporta così?
E' un modo per mettere una pietra sopra il proprio passato, che in tutto questo tempo si è cercato di cancellare e ora torna a galla, perchè si è - talvolta faticosamente - cercato di ricominciare da capo?
O perchè non si vuole affrontare il passato, perchè è difficile e può riportare alla luce cose che sarebbe meglio non ricordare, ignorandole?
E allora perchè non si vuole affrontare il proprio passato? Pigrizia? Paura di non farcela? Paura di soffrire?
Come al solito, mi sono fatto le domande ma non mi sono dato le risposte.

lunedì, ottobre 16, 2006

Complessi di inferiorità

(Norvegia - foto by Somis)

Perchè basta così poco a farci sentire inferiori agli "altri", per farci sentire incapaci, inutili, fuori luogo?
Ci sono dei momenti in cui basta veramente poco: bastano le battutine idiote di uno che, senza capire che non sei una cima ad andare in bici, ti dice che "il trucco è non andare a zig-zag" (come se non lo sapessi anche tu e stessi facendo apposta ad andare così) o che "la bicicletta va a pedali, quindi devi pedalare" (come se non lo stessi già facendo).
Bastano le frasi a metà dette da gente che non sa quello che sta dicendo (o non se ne rende conto).
Bastano le frasi dette da gente che si rende perfettamente conto di quello che sta dicendo (ma se ne sbatte).
Basta vedersi come l'unico a non saper fare una cosa all'interno di un gruppo.
Eppure... sono cose piccole, a pensarci bene sono pure banali.
Basterebbe veramente poco per superare queste "difficoltà" (anche una parolina giusta al momento giusto per frenare certe lingue che non sanno stare al loro posto), però in quei momenti non è così semplice.
A mente lucida si penserebbe che ce ne si può fregare delle battutine idiote di un cretino, che la gente è libera di dire quello che vuole ma non bisogna farsi troppi problemi, che non sempre tutti sono capaci di fare tutto, che nessuno è nato "imparato" nè deve sentirsi obbligato a fare qualcosa che gli dà fastidio, che...
Ma in quei momenti scatta qualcosa in noi. Queste piccole cose riescono a crearci dei complessi d'inferiorità. Perchè?
Perchè la verità è che siamo deboli e insicuri, e queste piccole cose graffiano lo strato di (finta) sicurezza che abbiamo fuori e ci mostrano per quello che siamo, facendo crollare le nostre (poche) certezze che ci eravamo costruiti.
Quello che in questi momenti non capiamo è che non siamo gli unici ad avere un sottile strato di sicurezza che si può graffiare facilmente, ma tutti siamo così, anche le lingue più malefiche che si sentono dei gran geni sempre superiori a tutti (anzi, questo è probabilmente il modo in cui si sono costruiti il loro strato di sicurezza per coprire la loro debolezza). Fa parte dell'essere uomini, è "normale", capita a tutti. E allora perchè farsene un problema? Chi non si è mai sentito inferiore almeno una volta scagli la prima pietra.

venerdì, ottobre 13, 2006

Domanda

(Norvegia - foto by Somis)

Se in momenti importanti il nostro foglio rimane vuoto e non riusciamo a trasformare le sensazioni in parole, significa che quello che proviamo è troppo grande e troppo intenso per essere messo nero su bianco?
O che non abbiamo niente da dire?
O che in realtà quello non è un momento importante?
O che non è il momento di dire niente?
O...?

giovedì, ottobre 12, 2006

Passaggi

(Norvegia - foto by Somis)

Ci sono dei momenti, in ogni cosa che facciamo, che sono dei veri e propri "passaggi", dichiarati oppure velati.
Sono piccoli grandi traguardi che, una volta raggiunti, ci fanno andare al gradino successivo della scala della nostra vita, che non sappiamo quanto sia alta nè dove arrivi, e nella quale i gradini più bassi, nonostante vengano spesso considerati i meno importanti, sono fondamentali, perchè sono le basi su cui si appoggiano quelli più alti.
Il passaggio da un gradino all'altro sempre un momento particolare, delicato, complicato.
E' difficile abbandonare la relativa sicurezza di un gradino su cui siamo da molto tempo e che conosciamo bene, in cui siamo a nostro agio, per intraprendere un nuovo cammino, salire più in alto, su un gradino nuovo e sconosciuto, cadendo dal quale ci faremmo molto più male di quanto ce ne saremmo potuti fare prima.
La distanza tra i due gradini può esser più o meno lunga, ma è sempre quel tanto che basta a non farci vedere quello che ci aspetta, lasciandoci il punto interrogativo relativo al nostro futuro, a quello che ci sta per capitare, all'ambiente in cui ci troveremo a vivere.
Non sappiamo esattamente cosa succederà, dove andremo e cosa faremo, ma sappiamo benissimo che non possiamo nemmeno stare per sempre sullo stesso gradino, perchè ormai su quello non c'è più spazio per noi, e prima o poi arriverà il momento in cui dovremo fare il "salto", volenti o nolenti.
Spesso la salita al gradino più in alto, oltre a farci abbandonare ciò che conosciamo per ciò che non conosciamo, è di per sè faticosa, perchè dobbiamo trovare la forza di scalarlo, questo gradino. Può essere difficile, possiamo incontrare delle difficoltà, ma se abbiamo bene in mente il nostro obiettivo (che non deve per forza essere il gradino, ma anche solo la volontà di passare) riusciremo sempre a stringere i denti e ad affrontare le prove che ci porteranno al gradino superiore. Qualsiasi esse siano, anche le più impensabili.

domenica, ottobre 08, 2006

Fear of being wrong

(Norvegia - foto by Somis)

E' tutto il pomeriggio che ci penso.
Si tratta di un qualcosa che mi segue da molto tempo, anche se non ho mai voluto accorgermene. Perchè accorgersi di quello che ci sta dentro e ci condiziona nei nostri comportamenti è estremamente difficile, ci fa sentire deboli, insicuri, complicati. Ed è proprio quello che siamo, solo che senza rendercene effettivamente conto non possiamo cercare di andare oltre, ma finiamo col metterci una maschera, che però non cambia quello che siamo sotto e finisce con il farci star male. Oppure facciamo finta di non vedere quali sono i problemi, andiamo avanti per la nostra stada come se nulla fosse. Ma quei problemi per nulla risolti sono ancora lì, si accumulano sempre più, fino a schiacciarci, costringendoci ad affrontarli tutti insieme una volta per tutte.
Ciò a cui pensavo oggi pomeriggio è la paura di sbagliare, di fare un passo falso, di commettere un errore.
Ogni volta che devo fare qualcosa mi blocco, per paura di farlo in modo sbagliato. Forse è insicurezza, forse è incertezza sul futuro, su quello che voglio fare, su quello che sarebbe giusto fare. Che poi, detto tra parentesi, chi può sapere cosa è giusto senza esserci passato almeno una volta e aver avuto la possibilità di prendere la strada sbagliata, per poi rendersi conto sulla propria pelle che non era quella la direzione giusta?
Il più delle volte questa paura di sbagliare non è visibile, spesso anzi sembriamo molto sicuri di noi stessi. E invece non è vero. Ci muoviamo a passi rapidi e grandi, ma solo perchè c'è dietro qualcuno che ci spinge, davanti qualcuno che ci chiama. Ma la paura di commettere qualche sbaglio, di inciampare e non sapersi rialzare, di far cadere chi ci è accanto è sempre presente, e ci condiziona in tutto quello che facciamo. Talvolta proprio coloro che appaiono più sicuri di sè sono in realtà i più insicuri, e con la propria apparente sicurezza coprono la propria incertezza.
Eppure, forse, questa paura è una cosa naturale, quasi istintiva. E' la stessa paura istintiva che hanno gli animali verso qualcosa che non conoscono, è quella paura che ci preserva dalle pazzie, che ci fa ragionare sulle cose per non prendere decisioni affrettate. Dopo averci ragionato, anche un errore diventa meno grave, perchè senz'altro ci ha insegnato qualcosa. La prossima volta non ci cascheremo più (si spera). Anche se ogni tanto è bello essere folli.
Per fortuna ce l'abbiamo tutti questa paura di sbagliare, chi più chi meno. Fa parte dell'essere umano. E' istintiva, naturale. E allora perchè ci si pongono tutte queste domande? Piccoli filosofi crescono.