lunedì, novembre 20, 2006

Balle


Era veramente un tipo molto riflessivo e molto attento alle cose, ma forse era proprio questo a non impedirgli di dire balle, soprattutto a se stesso.
Gli capitava di inventare cose che in realtà non c'erano, di dire che le cose erano come lui le vedeva dietro le lenti della sua immaginazione, quando in realtà sapeva benissimo (ma ne era consapevole?) che erano diverse.
Ragazzo dai mille e un perchè, si era più volte chiesto come mai raccontasse queste balle. Erano balle innocenti, che non avevano conseguenze su quanti gli stavano intorno. Non erano bugie dette con un secondo fine, per capirci.
E allora... perchè, quando si metteva a scrivere, la sua mente partiva e inventava, aggiungeva, ingrandiva? Forse perchè aveva dentro di sè una sensazione strana, difficile da esprimere, che non riusciva a comprendere, a spiegare razionalmente? E allora inventava una spiegazione, magari ingrandendo certe parti di quella cosa così confusa e incomprensibile, a discapito di altre...

domenica, novembre 19, 2006

Come una conchiglia

(Norvegia - foto by Somis)

Sebbene fosse estremamente attento a quello che gli accadeva intorno e a cogliere anche le più leggere sfumature dello sguardo, le più lievi intonazioni della voce e i sorrisi più impercettibili in coloro che gli stavano intorno, lui non partecipava quasi mai a quello che gli succedeva attorno.
Acuto osservatore e attento ascoltatore, non era altrettanto loquace. Non che non avesse niente da dire: anzi, nella sua mente c'era sempre un'idea, un'opinione, un punto di vista personale su quello che vedeva o sentiva ma, spinto da un misto di egoismo e di incapacità di aprirsi, teneva tutto per sè.
Qualcuno, guardandolo mentre ascoltava e rifletteva, lo aveva paragonato ad una conchiglia. Qualunque cosa facesse, vedesse o o sentisse, cercava sempre di attingere tutte le cose più belle e positive che trovava dall'esterno e di rinchiuderle nello scrigno del suo cuore. Una volta dentro, non le accantonava in un angolo in attesa che, in un futuro prossimo o remoto, potessero servirgli. Al contrario, ci rifletteva, le analizzava da ogni angolazione, cercava di usarle come stimolo per migliorare se stesso e la sua vita.
I frutti delle sue riflessioni erano quasi sempre straordinari. Nella tranquillità e nel silenzio del suo cuore, riusciva a spiegare - magari a modo suo, ma comunque a spiegare - tanti di quei fenomeni che osservava e spesso, ad un primo impatto, non riusciva a comprendere.
Eppure, come una conchiglia ancora semi-chiusa, non riusciva mai a fare in modo che tutto ciò di bello che si trovava all'interno del suo scrigno uscisse e arrivasse a quelli che gli stavano intorno, amici, parenti o conoscenti che fossero. L'apertura era talmente piccola da lasciar passare solo quello che proveniva dall'esterno e veniva catturato all'interno, ma non quello che avrebbe voluto - e forse dovuto - buttar fuori. Quello che riusciva a far uscire non era altro che un'immagine ridotta e sbiadita di quello che c'era nel profondo del suo cuore.
Più di una volta si era interrogato sul perchè di questo, e aveva speso ore e ore per cercare di capire le ragione del suo blocco di fronte alle persone che gli stavano intorno. Le sue riflessioni (centinaia di righe scritte nell'unico posto dove - protetto dalla lontananza dei suoi interlocutori - riusciva ad aprire un po' di più la sua conchiglia, quel tanto che bastava per far uscire i pezzetti più piccoli del tesoro che aveva dentro) si erano più volte rivelate solo parole. Belle parole, evocative, emozionanti, sincere, ma sempre - e solo - parole scritte su un gelido schermo.
Perchè non riusciva a far aprire ancora un po' la sua conchiglia, per far vedere almeno alle persone più care il tesoro che si trovava al suo interno?
Perchè, se riconosceva perfettamente - almeno nel loro contorno più superficiale - i suoi difetti, non riusciva a superarli? Cosa significava questo? Che non ci metteva abbastanza impegno? Che, anche impegnandosi, non ci riusciva? Che l'impossibilità di farlo era una scusa, una sorta di giustificazione?
Cos'è che scattava, quando doveva aprirsi e condividere qualcosa di sè con gli altri, fino a farlo bloccare? Probabilmente si trattava della paura del giudizio che gli altri avrebbero potuto dare su di lui. Forse - temendo, del tutto infondatamente, che questo sarebbe stato solo ed esclusivamente negativo - pensava di non poter sopportare di ascoltare l'opinione che altri avevano di lui. Forse non voleva capire veramente come appariva all'esterno, per non dover prendere atto dei propri difetti e doverli correggere. Eppure, spesso si guardava in uno specchio immaginario, cercava di capire come lo vedessero gli altri, e così cercava di migliorarsi. Perchè allora aveva paura del giudizio altrui, se era il primo ad essere severo con se stesso? Forse perchè si sarebbe accorto che gli altri non erano così "cattivi" e che, magari, sarebbero stati meno intransigenti nei suoi confronti di quanto non fosse lui verso se stesso?
Come al solito, invece di esternare i suoi dubbi e le sue riflessioni, si chiuse a riccio e se le tenne per sè, in attesa che, per magia, la sua conchiglia si aprisse.

lunedì, novembre 13, 2006

Lo si riconosceva subito

(Norvegia - foto by Somis)

Quando si trovava all'interno di un gruppo, lo si riconosceva subito.
Che si trattasse di un gruppo nuovo o di persone che conosceva da anni, stava sempre in disparte. Acuto osservatore di ciò che gli accadeva intorno e ascoltatore attento di tutto quello che veniva detto, rifletteva su tutto quello che sentiva, ma raramente interveniva per esprimere la sua opinione. Pensava in silenzio e teneva per sè il frutto della sua riflessione. Solo se si trovava da solo con qualcuno che faceva parte di quel gruppo, riusciva - a quattro/sei/otto occhi - a parlare, di sè e del mondo, di quello che c'era dentro di lui e di quello che aveva intorno.
Quando faceva una proposta, non imponeva mai la sua idea, ma accettava, spesso a malincuore, la scelta dei più. A meno che non si trattasse di una questione importante. In quel caso, se non riusciva a fare in modo che il gruppo si comportasse come lui avrebbe voluto, o se ne andava, per "cambiare aria" e magari rimanere solo per un po', oppure si chiudeva a riccio, e rimaneva in quel gruppo solo fisicamente, ma con la mente era altrove - e aspettava con impazienza l'ora di andare via.
Solo con gli amici, quando era tra pochi fidati intimi, riusciva a tirare fuori la sua voce. E allora chiacchierava, conversava tranquillamente. Diceva quello che pensava, raccontava i suoi sogni e le sue preoccupazioni. Con le persone fidate, aveva sempre un'opinione su tutto, e la esprimeva tranquillamente.
Con gli sconosciuti - o comunque quando vedeva intorno a sè tante persone - si mostrava tutto d'un pezzo, perfetto, senza difetti, ma il suo sguardo aveva una luce strana, come di insicurezza, timidezza e silenziosità. Quando invece si trovava con i suoi amici, riusciva a dire loro in faccia quello che pensava, senza farsi troppi problemi.
Ma allora perchè quando era in gruppo rimaneva sempre in disparte? Era un "problema" suo o degli altri? O forse di entrambi? Era sempre critico, nei confronti degli altri ma anche di se stesso. Spesso non approvava quello che gli altri facevano, e un loro gesto gli faceva mettere un'"etichetta" sopra il loro nome. Ma poi, guardandosi in uno specchio immaginario, metteva le stesse etichette a se stesso, spesso addirittura con maggior severità. E, così facendo, si accorgeva che in realtà, nei pregi o nei difetti, lui e gli altri non erano poi così diversi. Normale variabilità all'interno della specie umana, niente più e niente meno.
E allora perchè non riuscivano mai ad incontrarsi, o lo facevano solo in determinate - e isolate - occasioni? Si trattava di pigrizia? Oppure di paura del confronto? Era forse il timore che gli altri, guardandolo attentamente negli occhi, vedendolo per quello che era e ascoltandolo per quello che diceva, potessero percepire l'insicurezza che gli irrigidiva lo sguardo e gli rendeva la voce tremolante? Paura che gli altri potessero trovare i suoi innumerevoli difetti che riusciva a nascondere (sommati a quelli altrettanto numerosi che invece erano già visibili)? E non si accorgeva che gli altri potevano trovare anche le sue qualità, quelle che lui dall'interno non riusciva a vedere, ma che solo un occhio esterno poteva mostrargli? Non capiva che le sue insicurezze, se mostrate umilmente agli altri senza vergogna, l'avrebbero reso più "umano", facendolo risultare anche più simpatico? Forse nessuno glielo aveva mai fatto notare.
E lui come viveva questa situazione? Gli andava bene così, voleva rimanere nel suo mondo solitario? Oppure voleva cambiarla, e invitare nel suo mondo anche altre persone, o talvolta andare ospite in quello altrui? E se era così, perchè non ci riusciva? Non voleva? Non poteva? Non sapeva come fare? Non ne aveva i mezzi? Ci aveva provato ma, non riuscendoci, aveva perso ogni speranza? O stava semplicemente aspettando il momento giusto per tirare fuori la sua vera identità, quella che teneva nascosta in fondo al suo cuore, in attesa di mostrarla con serenità a persone speciali?

lunedì, novembre 06, 2006

Lisbona

(Lisbona. Pubblicità del Forum - foto by Somis)

Hello everybody miei cari venticinque (o ventisei, ormai ho perso il conto) lettori,
eccomi qui a raccontarvi del mio viaggio a Lisbona.
Qui in giro per il post trovate un po' di foto... poi ditemi se vi piacciono!
Allora allora... comincio raccontandovi brevemente cosa sono andato a fare a Lisbona.
Dal 3 al 5 novembre a Lisbona si è tenuto il Forum Umanista Europeo (se volete potete visitare il sito www.europeanhumanistforum.org). Il Forum era diviso in aree tematiche, in ciascuna delle quali c'erano tavoli di lavoro con discussioni su vari argomenti.


Io ho partecipato all'area del Movimento Studentesco, dove ci siamo raccontati quello che abbiamo fatto o stiamo facendo nelle rispettive scuole/università e poi, divisi in gruppi, abbiamo affrontato altre tematiche relative agli studenti. Nel mio gruppo abbiamo parlato di come gli studenti possono appoggiare la campagna sul disarmo (di cui potete sapere di più cliccando sui due banner che trovate sopra il contatore delle visite).


Adesso (come facevo quando vi raccontavo le mie vacanze in Norvegia) ecco un po' di curiosità random:
- l'aereo per Madrid in ritardo: dato che la coincidenza sarebbe saltata, ci hanno dirottato su un volo diretto per Lisbona, senza scalo :-) ;
- il panino schifoso che ci hanno dato sull'aereo della Tap (dato che eravamo clienti Iberia, ci hanno dato panini diversi);
- il cibo che non ci hanno dato sui due aerei dell'Iberia al ritorno (c'era solo a pagamento, e ho rimpianto il panino schifoso dell'andata);
- il tipo della security di Malpensa che dopo il metal stava fissando la mia roba uscita dalla macchina per controllare i bagagli a mano. "Posso prenderla?" (e già m'immaginavo chissà cosa). "No, stavo guardando che il cellulare è più bello con la cover nera (la mia, ndr) che quella argentata (la sua, che mi ha fatto vedere, ndr)";


- i tre alberghi che abbiamo girato prima di trovare quello giusto (da cui fra l'altro eravamo già passati, ma ci aveva detto che non era quello);
- il giro che abbiamo fatto per la città venerdì, quando ho visto molte cose che non avevo visto l'anno scorso;
- la torre dell'elevador e il castello di Lisbona, da cui ho scattato tutte le foto dall'alto che vedete;
- il Bairo Alto, il quartiere di Lisbona pieno di locali, dove alla sera ad ogni angolo c'è qualcuno che ti offre qualcosa (coca o fumo che sia) con molta tranquillità. La cosa più strana erano queste viette piene di locali, che però avevano mucchi di spazzatura: un misto tra vie di locali e vie popolari (con tanto di calze e mutande appese alle finestre). Spero di essermi spiegato...;
- la fontana di Lisbona piena di schiuma (vedi foto);


- l'inglese, l'unica lingua che al Forum non ho parlato. Essendo praticamente metà spagnoli e metà italiani, ognuno parlava nella sua lingua e con qualche traduzione ogni tanto ci si capiva;
- la bottiglia d'acqua da 0,33 da 1,50€ che vendevano in aereoporto a Lisbona (ma che mi sono rifiutato di comprare).
Al momento non mi viene in mente nient'altro. So che senz'altro mi sarò dimenticato qualcosa, ma eventualmente rimedierò nei prossimi post...
Ditemi cosa pensate del resoconto e delle foto... i commenti sono a vostra disposizione...

mercoledì, novembre 01, 2006

Basta poco, per accorgersi che basta poco...

(Norvegia - foto by Somis)

Sii sempre pronto a cambiare parere, se trovi qualcuno capace di convincerti che la tua opinione è sbagliata.

Ci sono degli episodi, delle situazioni, dei momenti che ci fanno cambiare opinione sulle persone, sulle cose, su quello che ci sta intorno.
A volte basta poco, per accorgersi che basta poco... (cita-quiz: premio speciale al primo dei miei venticinque lettori che indovina la citazione in corsivo!).
Basta cambiare punto di vista.
Basta non vedere sempre il negativo che c'è negli altri (e i noi stessi).
Basta trovare i punti di contatto invece di quelli di scontro.
Basta pensare che le persone non sono solo quello che di negativo vediamo a volte, ma sono anche - e soprattutto - altro.
Basta vedere che insieme agli altri si possono fare molte più cose.
Basta ammettere che c'è qualcuno più bravo di noi a fare qualcosa (ma che, a pensarci bene, anche noi siamo più bravi a fare qualcos'altro).
Basta veramente poco, a volte, per capire che le nostre Certezze Assolute (come le chiama Arturo nel libro della Morante che sto leggendo) non sono sempre le migliori, che a volte può esserci qualcuno che, a parole o con il suo comportamento, può farci cambiare opinione.
Forse questo è uno dei tanti modi per crescere.

N.d.S. Domani sera parto per Lisbona, perchè parteciperò al Forum Umanista Europeo, quindi per qualche giorno non mi leggerete. Magari al mio ritorno a Milano vi racconterò qualcosa sul Forum...