domenica, novembre 19, 2006

Come una conchiglia

(Norvegia - foto by Somis)

Sebbene fosse estremamente attento a quello che gli accadeva intorno e a cogliere anche le più leggere sfumature dello sguardo, le più lievi intonazioni della voce e i sorrisi più impercettibili in coloro che gli stavano intorno, lui non partecipava quasi mai a quello che gli succedeva attorno.
Acuto osservatore e attento ascoltatore, non era altrettanto loquace. Non che non avesse niente da dire: anzi, nella sua mente c'era sempre un'idea, un'opinione, un punto di vista personale su quello che vedeva o sentiva ma, spinto da un misto di egoismo e di incapacità di aprirsi, teneva tutto per sè.
Qualcuno, guardandolo mentre ascoltava e rifletteva, lo aveva paragonato ad una conchiglia. Qualunque cosa facesse, vedesse o o sentisse, cercava sempre di attingere tutte le cose più belle e positive che trovava dall'esterno e di rinchiuderle nello scrigno del suo cuore. Una volta dentro, non le accantonava in un angolo in attesa che, in un futuro prossimo o remoto, potessero servirgli. Al contrario, ci rifletteva, le analizzava da ogni angolazione, cercava di usarle come stimolo per migliorare se stesso e la sua vita.
I frutti delle sue riflessioni erano quasi sempre straordinari. Nella tranquillità e nel silenzio del suo cuore, riusciva a spiegare - magari a modo suo, ma comunque a spiegare - tanti di quei fenomeni che osservava e spesso, ad un primo impatto, non riusciva a comprendere.
Eppure, come una conchiglia ancora semi-chiusa, non riusciva mai a fare in modo che tutto ciò di bello che si trovava all'interno del suo scrigno uscisse e arrivasse a quelli che gli stavano intorno, amici, parenti o conoscenti che fossero. L'apertura era talmente piccola da lasciar passare solo quello che proveniva dall'esterno e veniva catturato all'interno, ma non quello che avrebbe voluto - e forse dovuto - buttar fuori. Quello che riusciva a far uscire non era altro che un'immagine ridotta e sbiadita di quello che c'era nel profondo del suo cuore.
Più di una volta si era interrogato sul perchè di questo, e aveva speso ore e ore per cercare di capire le ragione del suo blocco di fronte alle persone che gli stavano intorno. Le sue riflessioni (centinaia di righe scritte nell'unico posto dove - protetto dalla lontananza dei suoi interlocutori - riusciva ad aprire un po' di più la sua conchiglia, quel tanto che bastava per far uscire i pezzetti più piccoli del tesoro che aveva dentro) si erano più volte rivelate solo parole. Belle parole, evocative, emozionanti, sincere, ma sempre - e solo - parole scritte su un gelido schermo.
Perchè non riusciva a far aprire ancora un po' la sua conchiglia, per far vedere almeno alle persone più care il tesoro che si trovava al suo interno?
Perchè, se riconosceva perfettamente - almeno nel loro contorno più superficiale - i suoi difetti, non riusciva a superarli? Cosa significava questo? Che non ci metteva abbastanza impegno? Che, anche impegnandosi, non ci riusciva? Che l'impossibilità di farlo era una scusa, una sorta di giustificazione?
Cos'è che scattava, quando doveva aprirsi e condividere qualcosa di sè con gli altri, fino a farlo bloccare? Probabilmente si trattava della paura del giudizio che gli altri avrebbero potuto dare su di lui. Forse - temendo, del tutto infondatamente, che questo sarebbe stato solo ed esclusivamente negativo - pensava di non poter sopportare di ascoltare l'opinione che altri avevano di lui. Forse non voleva capire veramente come appariva all'esterno, per non dover prendere atto dei propri difetti e doverli correggere. Eppure, spesso si guardava in uno specchio immaginario, cercava di capire come lo vedessero gli altri, e così cercava di migliorarsi. Perchè allora aveva paura del giudizio altrui, se era il primo ad essere severo con se stesso? Forse perchè si sarebbe accorto che gli altri non erano così "cattivi" e che, magari, sarebbero stati meno intransigenti nei suoi confronti di quanto non fosse lui verso se stesso?
Come al solito, invece di esternare i suoi dubbi e le sue riflessioni, si chiuse a riccio e se le tenne per sè, in attesa che, per magia, la sua conchiglia si aprisse.

1 Commenti:

Blogger AJ450 ha detto...

Eccolo lì il motivo: era il primo ad essere severo con se stesso!
Il mondo è un miscuglio di aspetti positivi e negativi. Per il solo fatto che possa esistere anche un solo episodio negativo, non è giusto e non si può condizionare tutta la vita. E' un passo difficile da compiere: richiede uno sforzo non indifferente. Ma si può fare! E' una capacità che ci è data, in quanto uomini.
E poi, saranno proprio difetti? Perchè vederli sempre come mancanze? Spesso sono semplicemente modi di essere, così come una foglia è verde e un'altra è un po' più rossiccia. Entrambe svolgono il loro compito (e lo fanno bene!) nonostante abbiano colori diversi. Anche per l'uomo è così: ci ostiniamo a definire difetti aspetti diversi delle nostre personalità. I difetti veri sono altri, sono pochi, e di solito non sono così diffusi.
Anche un cielo nuvoloso può essere un messaggio positivo: dietro le nuvole, il sole. Si tratta di aspettare il momento giusto, senza eccessiva preoccupazione; il vento che spazza via le nuvole sa sempre quando deve spirare.
Good luck! :)

20 novembre, 2006 08:51  

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