lunedì, novembre 13, 2006

Lo si riconosceva subito

(Norvegia - foto by Somis)

Quando si trovava all'interno di un gruppo, lo si riconosceva subito.
Che si trattasse di un gruppo nuovo o di persone che conosceva da anni, stava sempre in disparte. Acuto osservatore di ciò che gli accadeva intorno e ascoltatore attento di tutto quello che veniva detto, rifletteva su tutto quello che sentiva, ma raramente interveniva per esprimere la sua opinione. Pensava in silenzio e teneva per sè il frutto della sua riflessione. Solo se si trovava da solo con qualcuno che faceva parte di quel gruppo, riusciva - a quattro/sei/otto occhi - a parlare, di sè e del mondo, di quello che c'era dentro di lui e di quello che aveva intorno.
Quando faceva una proposta, non imponeva mai la sua idea, ma accettava, spesso a malincuore, la scelta dei più. A meno che non si trattasse di una questione importante. In quel caso, se non riusciva a fare in modo che il gruppo si comportasse come lui avrebbe voluto, o se ne andava, per "cambiare aria" e magari rimanere solo per un po', oppure si chiudeva a riccio, e rimaneva in quel gruppo solo fisicamente, ma con la mente era altrove - e aspettava con impazienza l'ora di andare via.
Solo con gli amici, quando era tra pochi fidati intimi, riusciva a tirare fuori la sua voce. E allora chiacchierava, conversava tranquillamente. Diceva quello che pensava, raccontava i suoi sogni e le sue preoccupazioni. Con le persone fidate, aveva sempre un'opinione su tutto, e la esprimeva tranquillamente.
Con gli sconosciuti - o comunque quando vedeva intorno a sè tante persone - si mostrava tutto d'un pezzo, perfetto, senza difetti, ma il suo sguardo aveva una luce strana, come di insicurezza, timidezza e silenziosità. Quando invece si trovava con i suoi amici, riusciva a dire loro in faccia quello che pensava, senza farsi troppi problemi.
Ma allora perchè quando era in gruppo rimaneva sempre in disparte? Era un "problema" suo o degli altri? O forse di entrambi? Era sempre critico, nei confronti degli altri ma anche di se stesso. Spesso non approvava quello che gli altri facevano, e un loro gesto gli faceva mettere un'"etichetta" sopra il loro nome. Ma poi, guardandosi in uno specchio immaginario, metteva le stesse etichette a se stesso, spesso addirittura con maggior severità. E, così facendo, si accorgeva che in realtà, nei pregi o nei difetti, lui e gli altri non erano poi così diversi. Normale variabilità all'interno della specie umana, niente più e niente meno.
E allora perchè non riuscivano mai ad incontrarsi, o lo facevano solo in determinate - e isolate - occasioni? Si trattava di pigrizia? Oppure di paura del confronto? Era forse il timore che gli altri, guardandolo attentamente negli occhi, vedendolo per quello che era e ascoltandolo per quello che diceva, potessero percepire l'insicurezza che gli irrigidiva lo sguardo e gli rendeva la voce tremolante? Paura che gli altri potessero trovare i suoi innumerevoli difetti che riusciva a nascondere (sommati a quelli altrettanto numerosi che invece erano già visibili)? E non si accorgeva che gli altri potevano trovare anche le sue qualità, quelle che lui dall'interno non riusciva a vedere, ma che solo un occhio esterno poteva mostrargli? Non capiva che le sue insicurezze, se mostrate umilmente agli altri senza vergogna, l'avrebbero reso più "umano", facendolo risultare anche più simpatico? Forse nessuno glielo aveva mai fatto notare.
E lui come viveva questa situazione? Gli andava bene così, voleva rimanere nel suo mondo solitario? Oppure voleva cambiarla, e invitare nel suo mondo anche altre persone, o talvolta andare ospite in quello altrui? E se era così, perchè non ci riusciva? Non voleva? Non poteva? Non sapeva come fare? Non ne aveva i mezzi? Ci aveva provato ma, non riuscendoci, aveva perso ogni speranza? O stava semplicemente aspettando il momento giusto per tirare fuori la sua vera identità, quella che teneva nascosta in fondo al suo cuore, in attesa di mostrarla con serenità a persone speciali?

3 Commenti:

Blogger Diego ha detto...

Per qualcuno trovare il coraggio di esporre le proprie idee di fronte a un pubblico è impresa difficoltosa, specialmente se affetto da timidezza ed educato al rispetto delle opinioni altrui.
Credo che la risposta alle domande che poni nel tuo scritto sia costituita dall'ultima proposizione: il protagonista si riserva per persone realmente speciali, poiché non ama né perdere tempo né sprecarsi quando non ne valga la pena.
Sono convinto che il tuo protagonista sia un individuo molto paziente, razionale, educato e, per chi sappia guardare oltre le apparenze, profondamente determinato: la solitudine, infatti, può talora essere non una condizione di necessità in assenza di rapporti sociali significativi, ma una scelta ponderata e gratificante, quando scarseggino interlocutori validi e capaci di autentico dialogo.
Se saprai scrutare nelle profondità dell'animo del tuo protagonista, sono convinto che saprai scorgervi una risolutezza non comune e una volontà salda.

14 novembre, 2006 09:18  
Blogger AJ450 ha detto...

"Lui" dovrebbe avere un po' più di fiducia in se stesso. La vita nel mondo è come un gioco: si tratta di provare e riprovare. A volte va bene; altre volte va male. Ma ogni occasione negativa è un bagaglio di esperienza in più, da usare per il futuro.
:)

14 novembre, 2006 13:36  
Anonymous Anonimo ha detto...

Questa persona doveva solo accorgersi che nn è necessariamente essendo estroversi ed egocentrici che si può piacere alle persone.
Ma il vero bene è quello che viene da persone che sono in grado di ascoltare anche i nostri silenzi.

14 novembre, 2006 17:33  

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