domenica, dicembre 31, 2006

Un posto particolare

(Norvegia - foto by Somis)

Appena entrato la prima cosa che mi colpisce è l'odore. Disinfettante. Come in ospedale. Ogni volta mi colpisce come se fosse la prima.
E poi, le mie orecchie sono riempite da qualcosa. E' un silenzio. Irreale. E' strano vedere così tante persone tutte insieme e sentire quel silenzio. Non è un silenzio normale. E' strano. Difficile da descrivere. E' un silenzio fatto di flebili sussurri, di qualcuno che urla, di persone che si guardano davanti perse nel vuoto (chissà dove? nei loro ricordi? nel loro passato? nel loro futuro?).
Oltre ad essere un silenzio fisico, è un silenzio interno, dentro alle persone. La prima impressione è di avere davanti molte persone che non possono, non vogliono o non riescono ad avere qualcosa dentro di sè, indipendentemente dal fatto che riescano o no a tirarlo fuori.
Non ero mai stato in una casa di riposo. E, non avendo purtroppo più i nonni, non ero abituato ad avere a che fare con gli anziani. E invece ho passato in una casa di riposo, in un paese qui vicino a Milano, gli ultimi quattro giorni, in route con il mio noviziato (ovvero con gli scout, per i non addetti ai lavori...).
Siamo stati lì quattro giorni per fare servizio con gli anziani, cercando di farli divertire un po'.
Questa esperienza mi è piaciuta molto, anche se è stata veramente forte, soprattutto all'inizio.
L'impatto con tutti quei nonni non è stato semplice.
Mercoledì, la prima volta che li vediamo, sono seduti quasi tutti (tranne quelli che sono nelle stanze) nel soggiorno. Molti di loro sono in carrozzella. Tanti per camminare usano il carrellino. Sono pochi quelli che riescono a muoversi autonomamente. Ci guardano straniti, come se fossimo venuti da un altro pianeta. "Va' che bella gioventù!" è la frase più ricorrente. Però poi, quando gli si propone di partecipare ai giochi dei giorni successivi, rifiutano quasi tutti: "Sono troppo vecchio per questi giochi".
Nei giorni successivi, invece, riusciamo a tirarne in mezzo un po' con la tombolata, giocando a carte, con il memory....
E pian piano la prima impressione si smorza...
Ora dopo ora, gioco dopo gioco, pranzo dopo pranzo (a mezzogiorno mangiamo con loro, ognuno ad un tavolo con qualche nonno... le mie tre nonnette sono deliziose...), la prima impressione cambia. Cominciamo a conoscere la signora Emma, tanto burbera con tutti, che però poi presa con calma si scioglie a parlare e a raccontare. C'è la "Vamp", che gira tutto il giorno con gli occhiali da sole; parlando con lei, si scopre che era una professoressa universitaria. E poi la Lisetta, arzilla 95enne che cammina da sola; sempre molto allegra, quando non riesce ad offrirci un caffè perchè la macchinettà è rotta va avanti mezz'ora a scusarsi. C'è la Vittoria, che a tombola mette i segnalini anche sulle caselle bianche, perchè non sa giocare. E poi il signor Libero, che indossa sempre la cravatta, e Ambrogio, uno degli ospiti più giovani, tuttofare e aiutante. E poi la Irma, le varie Maria, la Bambina, l'Angela... e tutte le altre nonne di cui non conosco il nome... Basta un loro sorriso, tutti i ringraziamenti a noi per essere stati lì qualche giorno... e tutto passa... cambia il modo di vedere quel posto.
E poi ci sono le inservienti. Tutto il giorno insieme ai nonnetti, ad accudirli. Non è un lavoro semplice. Al primo impatto, penso che non farei mai quel lavoro, per niente al mondo. Penso che sia uno dei più difficili. Poi invece, con il passare del tempo, mi accorgo dei sorrisi delle persone che lavorano lì, di quanto amore usino per occuparsi dei nonnetti, di quanta gioia cerchino di trasmettere, per quanto possibile. Penso che anche il loro lavoro, senz'altro non semplice, dà un sacco di soddisfazioni. Ti fa sentire utile, un po' come mi sono sentito io in questi giorni. Anche con poco: un sorriso, le lacrime della signora di cui non ricordo il nome, che piangeva per ogni cosa...
Però, in un luogo del genere, non si può non pensare... alla vita, alla morte, a ciò che queste due parole significano davvero. Chi lavora nella casa di riposo, ci dice che i nonni sono un po' come i bambini. Ed è vero. Basta poco per farli divertire. Però penso subito alla differenza tra i bambini e i nonni, così uguali e così diversi. Quando hai davanti un bambino, pensi a tutta la vita che ha davanti, a quello che può diventare, al suo futuro. Con un anziano è difficile pensare al suo futuro. Si pensa soprattutto al suo passato, considerando che è quasi arrivato al capolinea. E' difficile pensare che la strada che gli resta ancora da percorrere può riservargli delle nuove gioie. Anche se in realtà, standogli vicino per qualche tempo, ci si accorge che in alcuni la voglia di vivere c'è comunque, anche se talvolta è nascosta, e che basta veramente poco per riportarla in superficie e rendergli questo ultimo tratto di strada bello e felice.
E' stata un'esperienza veramente bella, che mi ha lasciato tanto. Mi ha fatto sentire veramente utile.
E, in qualche momento, mi è capitato di immaginare che qualcuno di quegli anziani fosse mio nonno. Mi sarebbe piaciuto adottarlo.

2 Commenti:

Anonymous Anonimo ha detto...

Ciao somis,
appena ho letto,sul forum della suite, la tua pagina web ho pensato subito a fare una "visitina".
E' molto toccante quello che hai scritto.Sai anche io non ho più i nonni e posso solo immaginare quello che hai provato facendo sorridere anche solo uno di loro.
Comunque complimenti per tutto il blog è fatto bene..
ciao ci si vede nella suite!!

31 dicembre, 2006 16:14  
Blogger somis ha detto...

elizabeth88: grazie della "visitina"! spero che tornerai più spesso!
sono contento che il mio blog ti piaccia! grazie dei complimenti!

31 dicembre, 2006 16:48  

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